Trovo che sia un regalo di valore ciò che la rivista “Occhi” ha deciso di offrire mensilmente ai propri lettori.
Dal novembre 2018 compare nella rivista, con cadenza mensile, la Rubrica “Mediare le Relazioni” che curerò personalmente. L’articolo sarà pubblicato nelle quattro edizioni del mensile, stampato in più di 25.000 copie e distribuito in diverse aree del Veneto.
Sarà uno spazio in cui con grande entusiasmo introdurrò la visione della Vita che ho imparato dalla Comunicazione Empatica Nonviolenta (CNV).
La rivoluzione di questa visione è vedere nella vulnerabilità umana un vero e proprio punto di forza. E proverò a stimolare la curiosità su quanto possa essere trasformativo poter affrontare questa vulnerabilità in modo autentico, con noi stessi e nelle relazioni intorno a noi.
Uno dei primi passi per rendere possibile questa trasformazione è quello di approcciare ogni conflitto – sia che sia interno a noi che esterno – come un’opportunità.
Sono molte le tematiche della nostra vita che alzano il livello di sfida nel nostro quotidiano, e poter approfondire il tema del conflitto personale e interpersonale da nuovi punti di vista può permetterci di esplorare e considerare nuove e creative possibilità per la nostra vita personale e professionale.
Questa Rubrica non sarà uno spazio che offre delle risposte, ma un catalizzatore di crescita in consapevolezza attraverso lo stimolo di nuove domande. Desidero questo perché credo che la via per trovare se stessi dipenda molto di più dalla qualità delle domande che ci facciamo, piuttosto che dalle risposte che ci diamo.
Ecco perciò la domanda su cui fondo il primo articolo: Che cos’è la Violenza?
Vi sono molte definizioni di “violenza” e tuttavia non vi è una definizione chiara che ne demarchi i confini. E’ uso comune associare alla violenza gli atti efferati di violenza, come la violenza fisica, e c’è qualcosa che viene prima di questi atti, qualcosa che fa sì che questi atti possano avvenire.
La nostra cultura attraverso i media ci insegna che la violenza è piacevole, perfino divertente. Ci ha insegnato a pensare che l’essere umano è fondamentalmente cattivo e malvagio. Su questa premessa ci siamo convinti che per arginare questa malvagità sia necessario definire con dei chiari confini ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è immorale e ciò che non lo è, come dovrebbe comportarsi un essere umano e come no, creando delle forme di restituzione in termini di premio o di punizione a seconda del comportamento agito. La cultura ci ha insegnato a integrare questa visione profondamente nel nostro linguaggio, al punto che non ci rendiamo nemmeno conto di quando e quanto spesso la usiamo.
Il primo movimento verso il cambiamento non è “fare il primo passo verso il nuovo” ma “fare il primo passo per venire via dal vecchio”. La Comunicazione Empatica Nonviolenta ci propone una nuova consapevolezza e un nuovo sguardo per osservare ciò che noi facciamo con il nostro linguaggio abituale, e in che modo esso influenza la qualità e quantità di tensioni e disconnessioni che proviamo quotidianamente nelle nostre relazioni.
Una volta che impariamo a togliere dal nostro linguaggio abituale la violenza appresa dalla cultura ed educazione, ciò che rimane sono parole che favoriscono la Connessione con noi stessi e con gli altri, e con essa la trasformazione della nostra vita.